Rovereto. A casa.

Nel pomeriggio partimmo per Bolzano. Il passaggio del Brennero fu commovente: chi aveva gli occhi lucidi, chi gridava: “Italia, Italia!” tanta era la nostra felicità di essere finalmente tornati. Arrivammo a Bolzano, scendemmo dai vagoni e ci accompagnarono nel vicino campo di raccolta allestito per noi reduci dalla Germania. Ci diedero il bentornati attraverso gli altoparlanti e ci informarono che dopo la cena dovevamo ripartire per Pescantina, centro di raccolta e smistamento. Così, dopo due anni mangiammo un piatto di maccheroni al pomodoro. Era il sette settembre 1945, esattamente due anni dopo la mia partenza; ma quanta tristezza al pensiero di come erano passati! Ancor oggi quando sento parlare tedesco mi si accappona la pelle e mi rattristo. Purtroppo la memoria torna sempre a quel periodo.
Verso mezzanotte ripartimmo, ed alle cinque del mattino il treno si fermò a Rovereto. Dopo aver salutato i compagni e abbracciato lo Scognamillo, scesi dal vagone che era uno degli ultimi del convoglio, attraversai i binari ed evitando la stazione mi incamminai verso casa.
A dire la verità come mi avvicinavo a casa, che era poco distante dalla stazione, le gambe mi incominciarono a tremare perché erano sei mesi che non avevo notizie dai miei. Da lontano vidi la mia casa intatta e un po' mi calmai.
Arrivato suonai il campanello due o tre volte. Venne ad aprirmi mia madre, e quasi per la commozione non credeva ai suoi occhi! E insieme apparvero le mie sorelle, tirate giù dal letto a quell'ora di mattina, assonnate e felici. Mia madre mi preparò un caffè, quindi stanco morto mi spogliai e me ne andai a letto. Ebbi la sensazione di sprofondare tanto era l'abitudine a dormire sulle assi nude.
Finalmente ero tornato a casa.